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TRUFFE SULLE CRIPTOVALUTE: C’E’ POSSIBILITA’ DI RISARCIMENTO?

La risposta in merito non è affatto semplice, questo perché la legge sulla market abuse è di difficile applicazione. Da una parte sarebbe necessario che i prodotti finanziari in questione possano essere considerati strumenti finanziari, dall’altra che si trattasse di un mercato regolamentato. In entrambi i casi la condizione non è soddisfatta e di conseguenza la strada dell’attuazione della della normativa sulla market abuse è poco attuabile. C’è chi, però, ha indicato una possibile via maestra richiamando l’esistenza dei derivati sul bitcoin. Il ragionamento è il seguente: il collasso di TerraUsd-Luna ha indotto degli effetti sulle quotazioni della cripto valuta. Esistendo, per l’appunto, su di questa, degli strumenti finanziari scambiati in mercati regolamentati il richiamo alla market abuse non parrebbe così campato in aria. La normativa sulla manipolazione di mercato è di difficile applicazione anche in questo caso perché è molto complesso riuscire a definire una causa tra il collasso della stablecoin e l’eventuale anomalia sulla quotazione dei derivati del bitcoin. E, poi, perché bisognerebbe dimostrare che qualcuno ha tratto beneficio dai movimenti, il che, se possibile, è ancora più complesso. Una strada più facilmente percorribile riguarda i soggetti attraverso cui l’investitore può avere concretizzato l’operatività. Potrebbe prospettarsi la responsabilità in capo ad una piattaforma di scambi centralizzata. Questa sarebbe configurabile nel caso in cui lo scambio non sia stato solamente un mero strumento per adempiere l'operatività, bensì attraverso forme di marketing esasperato, abbia integrato la fattispecie della promozione di prodotti finanziari. Come indicato dalla sentenza della Cassazione Penale del 10 novembre del 2021, troverebbero applicazione le norme previste dal Testo unico della finanza. Con riferimento sempre all’attività d'intermediazione, si potrebbe adire alle leggi in tutela del consumatore. Nel caso non sia stato esplicitato che si trattasse di una stablecoin algoritmica e ci sia stata una qualche forma di promozione dell’operatività, l’investitore può richiamare eventuali violazioni della responsabilità contrattuale.

È da tenere a mente che alle volte non si sa dove queste piattaforme abbiano la loro domiciliazione. Dal maggio scorso in Italia è prevista l’iscrizione, da parte di chi offre servizi in criptovalute, al registro dell’Oam (Organismo Agenti in attività finanziaria e Mediatori) il che implica l’obbligo di avere una sede in Italia. Tuttavia questa previsione esiste solo per i soggetti che intendono proporre un’offerta diretta al mercato domestico. Rimangono, al contrario, fuori dalla novità normativa gli operatori cui gli investitori accedono con la cosiddetta “reverse solicitation”. Vale a dire: è il cliente che cerca lo scambio su cui effettuare la transazione pur sapendo che si tratta di una realtà estera e non iscritta all’Oam. In questo caso il risparmiatore, spesso inconsapevolmente, rinuncia alla nuova tutela e si trova senza protezioni.


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Dott.ssa Margherita Susanna





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